NPL: le Nuove Regole Europee sui Non Performing Loans
A pochi mesi dall’entrata in vigore del bail-in, un’altra tegola sembra abbattersi sul nostro sistema creditizio: il 4 ottobre il Single Supervisory Board – l’organismo interno alla Banca Centrale Europea nato nel 2014 per vigilare sugli istituti di credito “significativi” in termini di volumi intermediati e di operatività transfrontaliera – ha pubblicato una proposta di Addendum alle Linee-guida in materia di non performing loans, entrate in vigore lo scorso marzo.
La modifica, sulla quale è stata aperta una consultazione pubblica, troverebbe applicazione “a tutte le nuove esposizioni classificate come deteriorate in linea con la definizione dell’ABE a partire dal 1° gennaio 2018” ( dunque, sia quelle interamente nuove sia quelle preesistenti ma ancora iscritte come “performing”) e inciderebbe non poco sui bilanci degli istituti italiani, notoriamente appesantiti da volumi importanti di crediti deteriorati.
Ma cosa significa “credito deteriorato” (o non performing loans)?
Si tratta di un credito che la banca non sarà presumibilmente in grado di recuperare, in tutto o in parte, secondo parametri di tipo legale e contabile definiti a livello nazionale e internazionale; i quali parametri, inoltre, impongono che l’istituto interessato iscriva nel passivo del proprio bilancio a titolo di perdita una somma proporzionata all’entità del credito stesso, e questo anche prima che il debitore risulti certamente insolvente.
Nello specifico, a fronte di una posizione creditoria ritenuta “non performing”, l’accantonamento a bilancio dovrà essere pari al 100% del suo valore, entro 2 anni se si tratta di un’esposizione non garantita ovvero entro 7 anni quando sono presenti delle garanzie. Il che concorre ad aumentare in modo sensibile l’entità dei già onerosi requisiti patrimoniali richiesti dalla normativa vigente, e richiederà alle banche di effettuare aumenti di capitale consistenti per poter continuare ad operare sul mercato rispettando il rapporto tra patrimonio e impieghi stabilito dagli Accordi di Basilea.
E neppure vale a ridurre tali effetti (evidentemente pro-ciclici) il carattere non direttamente vincolante della modifica, che a detta della stessa Vigilanza europea troverà applicazione secondo il modello “comply or explain”. Appare infatti chiaro che, considerati il ruolo importantissimo che le best practises rivestono in ambito bancario nonché la capacità di moral suasion delle autorità di settore, sarà questo Addendum a fissare gli standard su cui il mercato dovrà attestarsi nel prossimo futuro.
E’ indubbio che la creazione di un’Unione bancaria autentica ed efficace presuppone che tutti gli enti partecipanti operino sulla base di standard comuni: sappiamo bene quanto sia facile, nel mondo di oggi, che il dissesto di una o più grandi banche contagi l’intero sistema, perciò è tanto più necessario che, se un’”Unione” deve nascere, questo avvenga in un contesto di enti creditizi finanziariamente solidi e affini quanto alle regole e prassi di funzionamento e controllo interno.
D’altro canto, misure di questo tipo non possono che ridurre la misura del credito erogato a favore delle famiglie e delle imprese, in senso diametralmente opposto alle misure di liquidità straordinaria fortemente volute dalla stessa Bce.
E, come al tempo del “whatever it takes”, non manca chi vede nell’intervento della Bce un’indebita ingerenza in scelte di tipo politico che come tali competono esclusivamente al potere legislativo: il parere giuridico richiesto dal presidente Tajani sottolinea senza mezzi termini che l’Addendum, trovando indistinta applicazione a tutti gli istituti di credito, introduce di fatto requisiti patrimoniali ulteriori rispetto a quelli già contenuti nel cosiddetto “pacchetto CRD-4”.
Per conoscere il destino della riforma, che vede protagonisti i non performing loans, dobbiamo attendere l’esito della consultazione:: nel frattempo, istituti e mercati dovranno essere in grado di adattarsi alle regole mutevoli e complesse volte alla “messa in sicurezza” del sistema nei confronti di nuove crisi.
Di Lara Longinotti
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