Bitcoin, Cos’è e Perché si Parla di Bolla Speculativa
“Un sistema di pagamenti online basato sulla crittografia invece che sulla fiducia”.
Così Satoshi Nakamoto definisce il bitcoin, la criptovaluta di sua creazione destinata a rivoluzionare il mondo delle transazioni finanziarie a distanza. Per la verità, l’identità dell’inventore non è nota, e molti ritengono che si tratti di un team di persone. L’obiettivo di fondo, invece, è estremamente chiaro: la creazione di un sistema di pagamenti non dipendente da istituzioni terze le quali, seppure capaci di prevenire la doppia spendibilità della moneta, non sono in grado di prevedere e neutralizzare ogni tipo di frode e controversia.
Per quanto riguarda la privacy degli utenti, ogni movimentazione è tracciata all’interno di un registro pubblico condiviso e strutturato in blocchi − meglio noto come blockchain − ciascuno dei quali viene aggiunto e reso accessibile ai partecipanti ogniqualvolta la movimentazione stessa va a buon fine. Il che rappresenta una forte garanzia di sicurezza, nella misura in cui solo gli ordini provenienti da “nodi” onesti potrebbero essere portati a termine correttamente; allo stesso tempo, è sufficiente mantenere privata l’identità del possessore per garantire un adeguato livello di riservatezza − secondo un principio del tutto analogo a quello che governa i mercati azionari, in cui sono conoscibili “in diretta” il segno e l’entità degli ordini ma non invece la loro provenienza.
Ma quali sono i possibili utilizzi del Bitcoin?
Apparentemente molteplici: risale a pochi giorni fa il lancio del primo fondo comune di investimento da parte della società francese Tobam, e la stessa JP Morgan, fino a pochissimo tempo fa fortemente contraria, sta valutando per un futuro prossimo di offrire servizi ad hoc per il trading sui futures in Bitcoin.
Più prosaicamente, è possibile sin da ora acquistare online giochi, applicazioni e video targati Microsoft, e non mancano anche realtà di dimensioni più contenute, persino negozi fisici, che praticano prezzi in Bitcoin. E, forse sorprendentemente, due controparti di rilievo parlano italiano: dal 2018 il comune di Chiasso accetterà pagamenti di imposte in Bitcoin fino ad una somma equivalente a 250 franchi, e non più tardi di settembre una società immobiliare romana ha messo in vendita un centinaio di appartamenti nel noto quartiere San Lorenzo offrendo di accollarsi le spese d’agenzia e notarili a vantaggio di tutti coloro che effettueranno l’acquisto in Bitcoin. Non a caso, proprio l’Agenzia delle Entrate è stata una delle prime istituzioni fiscali a riconoscere il Bitcoin come “valuta straniera” utilizzabile anche negli atti notarili.
Il che spiega peraltro solo in parte il vertiginoso aumento dei prezzi che, nonostante alcuni crolli tanto repentini quanto brevi, ha raggiunto il 700% solo a partire da gennaio 2017: a fronte di ciò numerosi imprenditori ed esperti − non ultimo Warren Buffet, uno dei più grandi investitori di tutti i tempi, non esitano a parlare di una “bolla speculativa”, nella misura in cui tale incremento è dovuto esclusivamente ad aspettative in ordine ad ulteriori aumenti del prezzo, non realmente prevedibili né quantificabili nella misura in cui il Bitcoin è del tutto privo di valore reale. Per non parlare del fatto che l’anonimato può favorirne oltremodo l’utilizzo da parte di organizzazioni criminali.
Se certamente l’utilizzo di mezzi di pagamento diversi dal contante rappresenta un’innovazione positiva per l’intero sistema economico − in termini di sicurezza, tracciabilità, lotta all’evasione fiscale − il fenomeno del Bitcoin suscita gravi e comprensibili preoccupazioni nelle banche centrali di tutto il mondo, che da quasi un decennio incrementano in maniera esponenziale i loro bilanci per proteggere il dollaro, l’euro e lo yen dalle crisi bancarie e del debito, e che si ritrovano ora a combattere con un sistema che, almeno finora, si è dimostrato del tutto autonomo dall’andamento dei cambi e dei tassi di interesse.
Di Lara Longinotti
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