Equity Crowdfunding, Social Lending, PIR: Finanziare le Imprese ai Tempi del Credit Crunch
Tra gli effetti che la crisi finanziaria del 2007-2008 ha avuto sull’economia reale, quello che più di altri ha interessato il nostro Paese è sicuramente la riduzione dei capitali che le banche possono (e intendono) utilizzare per il finanziamento a famiglie e imprese: meglio noto come credit crunch.
È evidente che le imprese che più hanno risentito, e ancora risentono, della restrizione sono quelle di recente fondazione e di dimensioni più contenute, in quanto sono da un lato meno capitalizzate e, dall’altro, prive del bagaglio di relazioni che consentono alle aziende di maggiori dimensioni di vedersi accordati fiducia e supporto da parte delle banche anche in presenza di condizioni economiche non floride.
Proprio in questo contesto hanno trovato spazio una serie di nuovi attori e nuovi strumenti, fortemente innovativi anche sotto il profilo tecnologico: primo tra tutti il Crowdfunding, che nelle sue molteplici forme mira a mettere in contatto i soggetti in surplus (risparmiatori/finanziatori) con i soggetti in deficit (imprenditori/debitori) in maniera diretta, senza che alcuno svolga una vera e propria attività di intermediazione.
In particolare, si parla di Equity Crowdfunding con riferimento a finanziamenti a titolo di capitale di rischio concessi a start-up e piccole e medie imprese “innovative” – ovvero a società di investimento che detengono prevalentemente titoli emessi da questo tipo di soggetti – a fronte dei quali il prestatore riceve delle quote partecipative. Tali scambi passano attraverso dei portali online i cui creatori hanno l’obbligo di iscriversi in un apposito Registro tenuto da Consob (articolo 50-quinquies del Testo Unico della Finanza, attuato tramite la delibera n. 18592 del 26 giugno 2013), e sottostanno ad un vero e proprio regime autorizzativo e a stringenti obblighi in materia di trasparenza delle offerte e di adeguatezza dell’investimento rispetto al profilo personale dell’utente.
Meno direttamente legati al progresso tecnologico, ma certamente interessanti ai fini del rilancio degli investimenti privati sono i Piani Individuali di Risparmio, che a fronte di un regime fiscale molto agevolato richiedono alle banche e imprese di assicurazione offerenti di dedicare una quota parte rilevante delle somme alle PMI italiane.
A fronte di ciò emerge un monito da parte delle istituzioni preposte al mercato finanziario: l’innovazione dei mezzi va incoraggiata, ma deve allo stesso tempo essere assoggettata ad una regolamentazione puntuale, e analoga negli scopi e negli standard a quella che interessa i tradizionali soggetti operanti nel mercato del credito e degli investimenti, soprattutto per quanto concerne la vigilanza prudenziale e la garanzia sui depositi.
Potenzialmente significativo sotto questo profilo è l’aggiornamento della direttiva in materia di sistemi di pagamento, che menziona tra i servizi di pagamento anche la (mera) “disposizione di ordini” distaccata dalla detenzione di fondi: in tal modo, anche i social networks e i siti di e-commerce, nella misura in cui consentiranno agli utenti di effettuare operazioni sui propri conti correnti o in moneta elettronica, assurgeranno a veri e propri soggetti regolamentati.
Da ultimo, appare giusto il richiamo del direttore generale dell’Associazione Bancaria Italiana, Giovanni Sabatini, alla necessità di un’ educazione finanziaria diffusa e adeguata al mondo che cambia.
Di Lara Longinotti
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