Babb, la Startup Inglese che Rende Possibile il Binomio Banca-Blockchain

1.145

“Everyone is a bank”: questo lo slogan di Babb, la startup inglese che mira ad arrivare là dove il sistema bancario tradizionale non è mai potuto giungere (o non ha mai voluto farlo?!).

E’ un fatto noto che circa 2 miliardi di persone, prevalentemente residenti in Paesi in via di sviluppo, non hanno alcun accesso al “mainstream banking” e sono quindi pressocchè totalmente impossibilitati ad effettuare acquisti o investimenti di una certa rilevanza – ma anche a ricevere un prestito o ad avviare una propria attività commerciale o manifatturiera.

Tale carenza sarebbe dovuta non solo ad una mancanza di interesse degli operatori tradizionali nei confronti di un mercato che, per evidenti ragioni, richiede logiche e modelli di business del tutto particolari e allo stesso tempo offre margini di profitto inferiori e a più a lungo termine; ma anche, e forse soprattutto, ad infrastrutture tecnologiche inadatte ad una simile sfida.

Sfida a cui invece Babb sembra pronta a rispondere, con il metodo che più di ogni altro rappresenta l’evoluzione del fintech degli ultimi anni: la blockchain. Se le “terze parti” che nella finanza tradizionale garantiscono la fiducia tra i partecipanti non hanno saputo intervenire a favore di coloro che a quella finanza tradizionale hanno limitato l’accesso, non resta che sostituire la fiducia con la tecnologia.

E gli stessi primi tutori della fiducia, cioè le banche centrali statali, sembrano guardare con interesse a questo fenomeno: Babb sarebbe “a buon punto” nell’ottenimento della licenza bancaria nel Regno Unito, e sta promuovendo la diffusione di valute digitali emesse dalle stesse banche centrali. E’ stata proprio la Banca dei Regolamenti Internazionali, in un dossier pubblicato all’inizio di aprile, a sottolineare la validità della tecnologia blockchain e la sua mutuabilità anche da parte delle autorità monetarie, se e quando mai venisse decisa l’emissione di criptovalute nazionali.

Ma come funziona nella pratica questo “cripto-conto corrente”?
Semplice: tramite il proprio smartphone l’utente può creare un account che gli consentirà non solo di fare acquisti – attraverso la “Black Card”, una carta di debito tramite la quale il venditore, purchè in possesso di un proprio account, potrà ricevere immediatamente il prezzo della merce, senza necessità di installare dispositivi ad hoc né di richiedere alcun codice PIN – ma anche di richiedere e concedere prestiti in prima persona, senza dover sottostare ai rigidi parametri di solidità che invece condizionano, e pesantemente, l’azione degli istituti di credito.

La sicurezza dei fondi e delle informazioni è garantita tramite sistemi di tipo biometrico, di riconoscimento facciale e vocale: certo non semplici da implementare in maniera diffusa, ma già presenti su molti smartphone di ultima generazione. Il che peraltro non impedirebbe al nuovo metodo di avere successo nei Paesi in via di sviluppo, dove il dispositivo tecnologico più ampiamente utilizzato è proprio lo smartphone.

Se l’audace esperimento voluto dal Ceo Rushd Averroes riuscirà, sarà il futuro a deciderlo: di certo la startup inglese può guardare ai successi già raggiunti dal microcredito, che negli ultimi decenni ha certamente rivoluzionato il sistema finanziario mondiale, consentendo a milioni di persone svantaggiate di intraprendere iniziative imprenditoriali e di migliorare le proprie condizioni di vita. Non a caso Babb si propone sul proprio sito web come “la banca mondiale del microcredito”.

D’altronde, la blockchain raccoglie proseliti anche tra chi “micro” non è: il gruppo bancario spagnolo BBVA ha da poco concesso un prestito di ben 75 milioni di dollari al colosso delle tlc Indra, con il supporto della piattaforma Ethereum. L’inizio della fine per il denaro contante?

A cura di Lara Longinotti

I commenti sono chiusi, ma riferimenti e pingbacks sono aperti.