FCA Dopo Marchionne. Ecco Il Punto della Situazione
25 novembre: i primi quattro mesi dalla scomparsa del CEO di FCA Sergio Marchionne, colui che ha reso possibile prima il salvataggio della casa automobilistica di Torino e poi la creazione dell’ottavo gruppo automobilistico al mondo per numero di veicoli prodotti. Ma ora che i riflettori si sono parzialmente spenti, come procede la marcia del gruppo?
FCA dopo Marchionne, tra difficoltà e spinte propositive
Sicuramente sono stati mesi di cambiamento ed il Lingotto ha dovuto somatizzare questo processo: infatti, oltre a ritrovarsi con un nuovo CEO che arriva direttamente da Jeep, Michael Manley, ha dovuto anche affrontare il deprezzamento delle proprie azioni – le quali solo nel mese di agosto hanno bruciato circa 4 miliardi di Euro, facendo registrare un -15%. Questi però non sono gli unici effetti del post Marchionne, essendovi anche risvolti extra mercati, per i lavoratori. Il prossimo 29 novembre ci sarà infatti un meeting tra l’azienda e i sindacati al fine di discutere gli investimenti nelle fabbriche italiane, promessi ma mai mantenuti.
Ottobre è stato certamente un mese pieno di avvenimenti nel mondo della casa automobilistica italo-americana: si è raggiunto un accordo per la cessione di Magneti Marelli – società leader nel settore della componentistica per autoveicoli – a 6,2 miliardi di Euro; è stato convocato allo Sviluppo economico il tavolo per gli ammortizzatori sociali a Pomigliano e, infine, il 30 ottobre sono stati approvati i conti del primo trimestre sotto l’amministrazione Manley.
Secondo alcune fonti i 6,2 miliardi di Euro versati dal fondo americano Krk – il quale controlla la giapponese Calsonic Kansei – per l’acquisto della Magneti Marelli – verranno utilizzati, in parte ( circa 2 miliardi) per il maxi dividendo promesso dall’ ex CEO lo scorso giugno e confermato in occasione del consiglio di amministrazione tenutosi a Londra lo scorso 30 ottobre, e altra parte per l’acquisto di azioni proprie per sostenere le quotazioni. Non è stato invece chiarito se e quante risorse saranno impiegate per il rilancio degli stabilimenti italiani. Tant’è che all’annuncio di nuovi modelli da prodursi nelle fabbriche della penisola, non ha fatto seguito nessuna azione in concreto e non si sa ancora dove verranno prodotti e da quando. Risulta pertanto sempre più probabile che il governo dovrà intervenire mediante un piano di sostegno all’occupazione (a settembre a Pomigliano è scaduta la cassa integrazione, la quale è stata riconosciuta formalmente per ristrutturazione).
Vediamo i numeri di questi primi 4 mesi di FCA dopo Marchionne
Il primo cda del nuovo CEO si chiude con una conferma dei target 2018 imposti dall’ azienda, ricavi netti tra 115 e 118 miliardi di Euro,ebit adjusted (utili prima degli interessi e delle imposte, senza le voci di natura straordinaria) tra 7,5 e 8 miliardi di euro. Mentre i risultati del trimestre citano un utile netto adjusted (rettificato dalle componenti di natura straordinaria, ossia non ricorrenti) di 1.396 miliardi di Euro, +51% rispetto all’anno scorso – e un utile netto che si assesta a 564 milioni di Euro, -38%, per l’effetto di costi stimati in 700 milioni di Euro accantonati per via del dieselgate negli USA.
Smembramento in vista?
Analisti ed investitori discutono circa un’eventuale vendita e disimpegno di Exor, ivi compresa l’ipotesi di una cessione frazionata che non appare più così impossibile. Infatti le tematiche riguardanti l’Italia sono solo una porzione di un quadro più ampio; il gruppo è assai distante dalla produzione del numero di automobili fissato da Marchionne per garantire la sopravvivenza (6-7 milioni), e, anche come riportato da Bloomberg, dopo lo scorporo di Ferrari e di Cnh (che produce macchine industriali e per l’agricoltura) FCA risulta molto più “maneggevole” anche in caso di un’ipotetica fusione. Il progetto dell’ex CEO era proprio quello di cercare sinergie con le quali integrare fasi di produzioni comuni per sfruttare al meglio le economie di scala ed essere così più competitivi sul mercato. Non ci resta che attendere.
A cura di Edoardo Leggio
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