Commercio Internazionale dopo la Brexit: Qual è il futuro del Regno Unito?
Si è a lungo parlato di Brexit e delle possibili conseguenze per il Regno Unito. Quando si guarda al commercio internazionale e alle politiche ad esso connesse, due linee di pensiero si contendono il campo. Alcuni sostengono che il Regno Unito sarà stretto nella morsa di UE e Stati Uniti, complice anche il carattere dimensionale. Altri sono convinti che in men che non si dica il Regno Unito sarà in grado di riconquistare una posizione di grande rilievo, al fianco di USA e Unione Europea.
Ciò che è certo è che il corpo diplomatico britannico dovrà giocare non poche carte affinché la propria voce venga ascoltata.
Unione Europea e Stati Uniti continueranno ad avere un forte impatto sul Regno Unito in materia di commercio internazionale. Questo per almeno due motivi: UE e USA sono i principali partner commerciali del Regno Unito. Sia UE che USA hanno un peso tale da determinare i punti salienti dell’agenda del commercio internazionale. Questo significa che, qualunque cosa intenda fare, il Regno Unito dovrà coinvolgere queste due grandi potenze e negoziare con esse.
Un accordo tra Regno Unito e Unione Europea da un lato, Regno Unito e USA dall’altro è lo scenario auspicabile. Soprattutto perché, in mancanza, le conseguenze si farebbero sentire a livello mondiale – con un’alterazione dei volumi di merce scambiata, dei prezzi, delle tariffe, etc.
Quando Trump è stato eletto nel 2016, un accordo USA-UK era stato promesso. Dopo 4 anni, di questo accordo non c’è traccia. Ma qualcosa bolle in pentola e sembra prevedere anzitutto l’eliminazione delle tariffe sui beni industriali. Attenzione rivolta anche alle politiche sull’ambiente, lavoro e proprietà intellettuale. Accanto a questo, focus anche sulla promozione di piccole e medie imprese e sulla libertà di movimento per motivi di lavoro.
Negli ultimi anni il Regno Unito ha focalizzato l’attenzione sulla lotta al cambiamento climatico, sull’economia digitale, sull’intelligenza artificiale, sul sostegno alle startup innovative. Il primo passo che il Paese dovrà compiere è individuare le sue priorità e fare in modo che queste vengano rispettate dai suoi partner internazionali.
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